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Valentina Dallari racconta la sua battaglia contro l’anoressia

Valentina Dallari - Foto: Facebook ufficiale dell'ex tronista

Valentina Dallari ha scelto di raccontare la sua difficile e travagliata battaglia contro l’anoressia a La parte bella, il podcast dedicato ai Dca (Disturbi del comportamento alimentare) condotto da Alba Toninelli. L’ex tronista del famoso e popolare dating show di Canale 5, Uomini e Donne, nonché deejay e influencer ha lanciato un monito e dispensato consigli a tutti coloro che stanno affrontando questa lotta contro l’anoressia.

Valentina Dallari – Foto: Facebook ufficiale dell’ex tronista

«La cosa bella è che in un percorso del genere – ha spiegato l’ex tronista – anche di guarigione, quando sei a metà strada la vetta inizia a essere sempre più vicina. Fidatevi delle persone che vi stanno vicino, perché vi vogliono bene. Quando non riuscirete più a guardarvi, fatevi disegnare dagli occhi di chi vi ama. Loro possono salvarvi la vita».

Fin da piccolina, l’ex volto di Uomini e Donne aveva avuto un rapporto molto complesso con il suo corpo: «Quando gli altri andavano al mare, io rimanevo a casa a leggere. Mi sentivo costretta a spogliarmi, per cui evitavo di andarci. Ancora oggi, non ho capito se odiavo spogliarmi perché non mi piaceva il mio fisico o perché non sopportavo che gli altri mi guardassero mentre mi toglievo i vestiti».

Un disagio che l’aveva portata ad avere un brutto rapporto con il cibo, tanto da arrivare a pesare soltanto 37 chilogrammi: «Il mio disturbo era la mia ragione di vita, perché non c’era nient’altro al di fuori io non esistevo se non nella disciplina, ed è assurdo perché ora che ci penso non è una logica che fa parte di me adesso. Pensavo di poter essere amata e di essere vista soltanto quando non ero me stessa. Questo è triste, molto».

Per poi rivelare: «Se sgarravo, mi venivano gli attacchi di panico. Sgarrare per me voleva dire tornare come prima. Ricordo che pensavo: se io sbaglio, torno quella di prima. Per essere brava a lavoro, in famiglia e in amore dovevo controllarmi. Perché se mollavo un attimo la presa, voleva dire che avevo perso tutto. Per me lo sgarro era imperdonabile».

Il ricovero avvenuto il 9 gennaio del 2018 l’ha salvata: «Non mi dimenticherò mai di quella data. Mi aveva convinto mia sorella, ha iniziando dicendomi che credeva avessi bisogno di aiuto. Ma non la stavo prendendo molto sul serio, anche se lei era l’unica persona che riuscivo ad ascoltare. Lei ha fatto una cosa molto importante: non mi ha mai parlato di cibo, non mi ha mai giudicata per il mio disturbo. Dopo aver fatto un colloquio per il ricovero, sono uscita e ho visto mia sorella piangere, perché sperava che accettassi la terapia».

Da quel momento è iniziata la sua rinascita: «Il percorso mi ha aiutata. Soprattutto l’andare avanti, nel vedere nuove persone che entravano. Era sempre difficile perché loro erano all’inizio, quindi non sempre era facile vedere quello che avevi passato tu prima di loro. Però, allo stesso tempo, mi facevano rendere conto dei progressi che avevo fatto, quindi mi sentivo con i piedi andare verso la parte bella: la guarigione».