Alessio Lo Passo si racconta a iGossip.it: l’ex tronista parla del suo libro Il nodo al centro e della sindrome da FOMO
Dopo un bel po’ di tempo abbiamo contatto l’ex tronista ed ex corteggiatore di Uomini e Donne, Alessio Lo Passo, per rilasciarci un’intervista telefonica sul suo nuovo libro intitolato Il nodo al centro. È infatti appena uscita su Amazon l’autobiografia del bellissimo personaggio tv, influencer ed ex tronista di Uomini e Donne nel 2011 e protagonista di una vicenda giudiziaria che, nel 2017, gli è costata il carcere. Sei anni dopo quell’esperienza, Alessio ha deciso di raccontarsi alla nostra redazione. Ha voluto subito chiarire di non aver affidato all’autobiografia intenti “riabilitativi”. Anzi, promette un libro totalmente – a volte persino crudelmente – sincero, nel quale non si troveranno altri responsabili al di fuori di lui per quanto gli è accaduto. Subito dopo il salto, troverete l’intervista integrale a Lo Passo.
Il nodo al centro è un mea culpa, quindi?
Anche, sì. Con il tempo ho metabolizzato come tutto sia scaturito da una mia gravissima leggerezza, alla quale sono poi seguite una serie di circostanze tutte a mio sfavore. Qualcuno chiama queste coincidente “karma”. E sostiene che i segnali del karma non siano altro che insegnamenti. Nel mio caso, avrei preferito una lezione di vita meno dura, ma non è andata così.
Qual è stata la spinta a scrivere la tua storia, facendosi aiutare da una professionista?
Ci pensavo sin da quando era uscito dal carcere, durante l’affidamento al lavoro trascorso tra Milano e La Spezia, la città nella quale la mia famiglia si era trasferita dalla Calabria quando ero appena un bambino, e nella quale ho vissuto sino a tre anni fa. Trovarmi in carcere in una notte qualunque del 2017, dopo un arresto in strada stranissimo, senza conoscerne le ragioni sino al momento in cui arrivai alla centrale di polizia, è stato un trauma. Ero incensurato, e non avevo mai visto un avvocato in vita mia. Mai una scazzottata, nemmeno da ragazzo. Mai fatto uso di sostanze, mai bevuto… Niente. A casa mi arrivavano solo multe per divieto di sosta. Non riuscivo a capire cosa ci facessi in quella cella minuscola e fredda, in compagnia di due estranei. E quando sono uscito, l’incubo di quella notte e di quei mesi non mi abbandonava. Ma allora volevo scrivere solo di quell’esperienza, di quei cinque mesi da detenuto tra il carcere di Monza e quello di Bollate. Invece, durante la stesura de “Il nodo al centro”, ho trovato il vero nodo. Il nocciolo della questione.
Quindi, questa autobiografia non contiene solo quel momento della tua vita, ma parte da lontano?
Sì. Non aveva senso che, nel bene come nel male, non facessi conoscere “Alessio” prima della notte dell’arresto. Prima di Uomini e Donne, durante, e dopo, quando l’ansia di sparire dalla tv, dai giornali di gossip e dal web mi portava dritto all’errore fatale di una paparazzata organizzata a tavolino con un fotografo. Tutti sanno che sia un’usanza diffusissima, nell’ambiente del quale facevo parte, ma era l’ultima cosa alla quale io avrei dovuto pensare, vista la situazione che stavo vivendo. Inizialmente ho ritenuto che il chirurgo estetico che mi ha denunciato fosse la causa della mia tragedia, ma mi sbagliavo di grosso: se si usano certi toni e certe parole litigando con un estraneo, lui non è per nulla tenuto a sapere che sei un “can che abbaia, ma non morde”. Lui si è tutelato. Dopo di che, nulla è stato più recuperabile. Una serie di intoppi micidiali ha fatto il resto e lo ripeto: avrei preferito un Karma un poco meno arrabbiato con me. Il chirurgo non c’entrava nulla, a quel punto, e nemmeno io. Non c’entrava più niente e nessuno. E la Legge non ammette ignoranza.
ALESSIO LO PASSO INFURIATO CONTRO CERTA STAMPA: BASTA SCIACALLAGGIO
Qualche domande dell’autrice ti ha spiazzato?
Lei mi stava ponendo delle strane domande. Me he ha poste a migliaia, a dire il vero, e io a un certo punto mi ero quasi irritato. Le stavo raccontando tutto, con sincerità, ma a lei non bastava mai. “Manca qualcosa”, diceva. Poi una sera mi ha detto fuori dai denti che il tutto non reggeva. Che doveva esserci una sorta di nodo cruciale che io non focalizzavo. La mia vita prima dell’arresto e la mia vita dopo non dialogavano. C’era un momento in cui io avevo incominciato a deragliare. Come avevo vissuto, dopo essere uscito da Uomini e Donne? Normalmente, rispondevo, ma mentivo.
Cioè? Come avevi vissuto?
Nella paura sempre più forte di sparire: di perdere visibilità. Mi aveva assalito già durante la seconda stagione di Uomini e Donne, credo. Quella alla quasi presi parte come tronista e non più come corteggiatore. E che chiusi malissimo, deludendo tutti nel tentativo di portar fuori dal programma una ragazza a ogni costo, perché quello avrebbe significato interviste, copertine, riflettori che rimanevano accesi…qualcuno lo aveva capito, ma io l’ho capito dopo, non allora. Non mi innamoravo, forse anche perché ero già nevroticamente concentrato sul mio unico obiettivo: continuare ad apparire.
Come hai indagato quella paura con dieci anni di ritardo?
Solo perché a un certo punto la mia coautrice mi ha preso a muso duro, dicendomi che sarebbe stata costretta a interrompere il lavoro. Non era una psicologa, ha detto, ma a lei sembrava che la mia vita fosse stata tagliata in due da un colpo di scure. Dovevo pormi delle domande e darmi delle risposte oneste. Forse lei intuiva qualcosa, ma non voleva suggerirmi niente. “Questo è un lavoro tuo, Ale, non mio” mi diceva. Così ho dovuto rivivere quel terrore di sparire. E ho scoperto che esiste non solo per me: che è una sindrome da dipendenza che si chiama FOMO e che interessa chi è ossessionato dal web, ma non fa differenza: io l’ho avuta. Totalmente e senza ombra di dubbio. Senza saperlo, senza nemmeno sospettarlo. Sintomo per sintomo. Non mancava nulla, ma non ero stato in grado di riconoscerla anche perché non sapevo che esistesse. La chiamavo nervosismo, scazzo, ansia costante, insoddisfazione, frustrazione, rabbia, tachicardia, sudorazione e stanchezza. Impossibilità di star fermo o apatia che poi scatenava altra ansia. E la “colpa” dei miei sintomi era sempre di altri. [FOMO, ovvero l’acronimo per l’espressione inglese “fear of missing out”, letteralmente la “paura di essere tagliati fuori”. È una sindrome che si manifesta con un’ansia sociale fortissima caratterizzata dall’ossessione di rimanere continuamente in contatto con le attività delle persone facenti parte di un determinato contesto, e dalla paura di essere esclusi da eventi, esperienze, o ambienti gratificanti. Si tratta di una sindrome accostata, come dice Alessio, prevalentemente al web e al mondo dei social, ma della stessa identica sostanza è l’ansia dei personaggi televisivi minori alla ricerca di una “comparsata”, che pubblicano sui social ogni momento anche privato della loro vita pur di non veder spegne su di loro i riflettori, ndr.].
INTERVISTA A FEDERICA PACELA SU ALESSIO LO PASSO, SOCIAL, CARRIERA E CALENDARI
Quale spiegazione ti sei dato?
Io, come tanti, non avevo nessun talento per tenermi a galla come personaggio pubblico. Ma non mi sentivo più nemmeno il commesso partito da La Spezia. E comunque l’idea di tornare a esserlo mi faceva sentire un fallito. Da quello avrei dovuto capire che ero del tutto fuori strada, che non ne avevo più una mia, ma non l’ho capito. Stavo male, ero nervosissimo, discontinuo, perennemente con il cellulare in mano a controllare Facebook e Instagram. Divoravo gossip, seguivo tutte le trasmissioni del pomeriggio per vedere chi fosse presente nei vari studi, tra “gli improvvisati e precari” come me. Sono stato malissimo. Ho buttato via anni preziosi. Tutti coloro che mi consigliavano di piantarla e di voltare pagina mi sembravano solo invidiosi di me. Oppure “non capivano niente”, come i miei famigliari che erano preoccupatissimi.
E le donne? Parli anche dei tuoi amori ne “Il nodo al centro”?
Sì, di quelli importanti. Era necessario capire, anche da quel punto di vista, chi fossi quando arrivai negli studi Mediaset. All’inizio era stato divertente e bellissimo. E mi ero veramente innamorato. Anche la seconda stagione, da tronista, l’avevo iniziata bene. Poi qualcosa era cambiato. L’obbiettivo non era più lo stesso. Era tutto in salita, tutto confuso, senza spontaneità. Non ero là per nessuna delle ragazze arrivate per me, ma per la macchina da presa. Confusamente lo sentivo e volevo andarmene, ma tutti erano all’oscuro di quel particolare malessere e mi convinsero a non mollare. Purtroppo, l’ho fatto, ma la colpa è stata solo mia. Io sono rimasto sotto a quei riflettori accesi dei quali non sapevo di non poter più fare a meno. Io non avevo un rapporto profondo con me stesso.
E adesso? Cosa è cambiato?
Non distribuisco più colpe a caso e non allontano da me le mie responsabilità. Ho sofferto moltissimo in questi anni e spero che la mia testimonianza non venga letta solo dai divoratori di gossip, ma da coloro che stanno come sono stato io. Da coloro che sanno e non parlano per non ricevere un danno di immagine. E chissà, magari anche da qualche genitore che toglie il telefonino a un figlio e lo vede delirare. Non devono farlo: devono portare i loro figli da uno specialista che li guidi o diventeranno solo dei “nemici”, le ultime persone con le quali si confideranno.
Visualizza questo post su Instagram