Greenpeace, i promossi e i bocciati della campagna Detox My Fashion
Greenpeace è una delle Organizzazioni non governative (Ong) ambientaliste più famose e importanti del globo. E’ sempre in prima linea per difendere la salute del pianeta. L’Organizzazione non governativa analizza anche i brand d’abbigliamento più attenti all’ambiente, alla salute e alla sicurezza dei consumatori. La campagna Detox My Fashion è giunta alla terza edizione e Greenpeace ha stilato la classifica delle aziende all’avanguardia nel mondo dell’abbigliamento sostenibile. All’iniziativa green hanno aderito 19 brand che hanno sottoscritto un accordo a favore della completa eliminazione delle sostanze tossiche dai prodotti e dai processi di produzione, il rispetto del programma Detox fino al 2020 e l’informazione trasparente in merito agli scarichi delle sostanze chimiche pericolose da parte dei rispettivi fornitori al fine di combattere l’inquinamento delle acque che è diventata ormai un’emergenza ambientale sempre più urgente.
“Per decenni le industrie tessili – ha spiegato Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace Italia – hanno utilizzato l’ambiente e, in particolare, i corsi d’acqua di tutto il mondo come delle vere e proprie discariche a cielo aperto, pratica resa possibile da leggi e regolamentazioni insufficienti con conseguenze disastrose per le comunità che vivono nei pressi dei complessi manifatturieri. Combattere l’inquinamento delle acque causato dall’industria tessile e dell’abbigliamento – ha proseguito Giuseppe Ungherese – è diventata un’emergenza ambientale sempre più urgente, specialmente in Paesi come la Cina dove più dell’80% delle acque di falda non è potabile”.
Chi sono i brand all’avanguardia nel settore dell’abbigliamento sostenibile? Ai primi tre posti figurano Benetton, Zara (del gruppo Inditex) e H&M che stanno guidando l’intero settore e imponendo un nuovo standard a livello mondiale per una moda libera dalle sostanze tossiche. “Queste aziende stanno dimostrando nei fatti – ha sottolineato Ungherese – che ripulire l’industria della moda dalle sostanze tossiche è già possibile”.
Subito dopo il podio figurano le aziende incluse ne “La moda che cambia”, società che hanno mostrato molti progressi, ma presentano ancora situazioni da migliorare in vista delle scadenze previste al 2020: Valentino e Miroglio, C&A, Fast Retailing, Mango e G-Star. Stessa categoria, ma con punteggi più bassi, per Adidas, Levi’s, Burberry, Primark e Puma. Perché? Continuano a tollerare l’inquinamento prodotto nelle varie fasi di lavorazione.
Bocciati da Greenpeace i seguenti brand: Nike, Esprit, Victoria’s Secret. Questi marchi non hanno messo in atto secondo la famosa e popolare Ong le azioni necessarie a “impedire l’inquinamento da sostanze chimiche generato dalle loro filiere produttive”.
Sono ben 50, di cui 30 solo nel distretto di Prato, le aziende tessili italiane che hanno abbracciato la rivoluzione Detox, ma Greenpeace non demorde e ha lanciato un appello a tutti gli altri marchi, italiani e non, che non hanno ancora aderito alla campagna. L’alternativa sostenibile nel mondo dell’abbigliamento è anche un dovere civico oltre che morale!